Ricorso della regione Lombardia, in persona del presidente pro-tempore della Giunta regionale, on. dr. Roberto Formigoni, rappresentata e difesa, come da delega a margine del presente atto ed in forza di deliberazione di g.r. di autorizzazione a stare in giudizio n. 36633 del 5 giugno 1998, dai proff. avv.ti Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30; Contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del d.lgs. 23 aprile 1998, n. 134, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 8 maggio 1998, serie generale n. 105, recante ad oggetto: "Trasformazione in fondazione degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate, a norma dell'art. 11, comma 1, lett. b), della legge 15 marzo 1997, n. 59", in riferimento all'art. 6, comma 1, lettere a), b), c) e d). F a t t o 1. - Con il decreto legislativo impugnato con il presente ricorso il Governo pretende di dare attuazione, ai sensi dell'art. 14 della legge n. 400 del 1988, agli artt. 11, comma 1, lett. b) e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59. Dichiarando di fondarsi sulla delegazione legislativa sopra menzionata, il decreto in oggetto, per quanto qui interessa, va a modificare il recente d.lgs. n. 367 del 1996 quanto alle modalita' di individuazione degli enti sottoposti al processo di privatizzazione ivi previsto. GIi "enti di prioritario interesse nazionale che operano nel settore musicale", gia' assoggettati alla disciplina della legge 14 agosto 1967 n. 800 (qualora "enti autonomi lirici" o "istituzioni concertistiche assimilate": art. 5, comma 1, della cit. legge n. 800 del 1967), sono stati poi regolati dal d.lgs. 29 giugno 1996 n. 367 piu' sopra citato, a tenore del quale essi dovevano trasformarsi in "fondazioni di diritto privato" (art. 1 del menzionato d.lgs. n. 367 del 1996), nel termine di tre anni dall'entrata in vigore del decreto legislativo di riforma (art. 5, comma 1). Il decreto legislativo n. 367 del 1996, peraltro, obbliga(va) alla trasformazione anche gli "altri enti operanti nel settore musicale, a condizione che svolgano attivita' di rilevanza nazionale per dimensione anche finanziaria, tradizione e bacino di utenza", nonche' quelli che "costituiscono anche di fatto un circuito di distribuzione di manifestazioni nazionali od internazionali" (art. 2, comma 1, lett. b). Il d.lgs. n. 367 del 1996 confida(va) l'individuazione degli enti di cui all'art. 2, comma 1, lett. b), alla "autorita' di Governo competente per lo spettacolo", eppero' "d'intesa con le regioni e sentiti i comuni nel cui territorio tali enti, associazioni ed istituzioni sono ubicati" (art. 2, comma 2). L'impianto del d.lgs. n. 367 del 1996 e' stato - per il profilo che qui interessa - letteralmente sconvolto dal d.lgs. 23 aprile 1998, n. 134, che con il presente ricorso si impugna. Tale atto normativo, invero, oltre a disporre (art. 1, comma 1) la trasformazione in fondazione ex lege (e non piu' a seguito di deliberazione del competente organo dell'ente), stabilisce che alla trasformazione sono assoggettati, oltre gli "enti autonomi lirici" e le "istituzioni concertistiche assimilate", gli "altri enti operanti nel settore musicale, identificati, sulla base di criteri previamente definiti, dall'autorita' di Governo competente in materia di spettacolo, con riferimento alle categorie previste dal titolo III della legge 14 agosto 1967, n. 800, e successive modificazioni" (art. 6, comma 1, lett. c)). Conseguentemente, il censurato decreto legislativo dispone l'abrogazione dell'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 367 del 1996. Per effetto di tali innovazioni, sparisce qualunque forma di intesa con le regioni (e di consultazione degli enti locali) al fine dell'identificazione degli enti assoggettati alla trasformazione, e il compito di procedere all'identificazione stessa viene interamente confidato alla "autorita' di Governo", senza alcuna partecipazione delle autonomie regionali (e locali). Il decreto legislativo in epigrafe, con particolare riferimento all'art. 6, comma 1, lettere a), b), c) e d), e' costituzionalmente illegittimo per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Violazione degli artt. 3, 23, 5, 97, 117 e 118 della Costituzione anche in riferimento agli artt. 13, 14 e 49 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Il decreto legislativo impugnato confida allo Stato (alla "autorita' di Governo competente in materia di spettacolo": hinc inde: "autorita'") un potere innominato e illimitato di individuazione degli enti assoggettati al processo di privatizzazione. Ferma restando la privatizzazione degli "enti autonomi lirici" e delle "istituzioni concertistiche assimilate", la cui identificazione e' possibile a priori, l'art. 6, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 134 del 1998, modificando l'art. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 367 del 1996, consente all'Autorita' di assoggettare alla trasformazione qualunque altro ente che svolga attivita' musicale, senza alcuna limitazione e senza alcuna predeterminazione di criteri. Il rinvio al titolo III della legge n. 800 del 1967, infatti, e' una mera forma, atteso che le disposizioni di quel titolo si riferiscono a tutte le "attivita' musicali in Italia e all'estero" (salve quelle svolte dagli enti lirici o assimilati). Conseguentemente, qualunque ente attivo in campo musicale puo' essere assoggettato alla trasformazione (ed alla disciplina che ne discende) secondo l'arbitraria (prima e piu' ancora che discrezionale) determinazione dell'autorita'. La totale assenza di qualsivoglia limitazione viola la riserva di legge in materia di organizzazione dei pubblici uffici (art. 97, comma 1, Cost.) e lo stesso principio di legalita' degli atti della pubblica amministrazione, il cui rango costituzionale e' indiscusso (desumendosi, lo stesso, dalle singole previsioni costituzionali e dalla generale garanzia di cui all'art. 23 Cost.). Tale violazione ridonda in violazione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla ricorrente, atteso che l'inserimento di un ente musicale tra quelli soggetti alla trasformazione lo sottrae ai poteri regionali in materia di enti locali non territoriali e di persone giuridiche private di cui - rispettivamente - agli artt. 13 e 14 del d.P.R. n. 616 del 1977, assoggettandolo ai poteri statali di cui al d.lgs. n. 367 del 1996 (in particolare, a quelli di cui agli artt. 18, 19 e 21 di tale decreto legislativo) e allo stesso d.lgs. n. 134 del 1998 (cfr., in particolare, il potere governativo di approvazione dello statuto e, in caso di inerzia, di commissariamento dell'ente, di cui - rispettivamente - all'art. 2, comma 2 e comma 3; il potere di nomina del Consiglio di amministrazione, di cui all'art. 3, comma 1: il potere di approvazione del contratto collettivo per il personale degli enti trasformati, di cui all'art. 5, comma 1). L'attrazione dell'ente nell'orbita del d.lgs. n. 367 del 1996 (modificato dal d.lgs. n. 134 del 1998), inoltre, sottrae l'ente ai poteri regionali in materia di promozione educativa e culturale di cui all'art. 49 del d.P.R. n. 616 del 1977 (che - comma 2 - si riferiscono espressamente anche alle attivita' musicali), assoggettandolo interamente - come si e' detto - alle determinazioni, ai controlli e alla vigilanza dell'autorita' statale. Detti poteri regionali, analiticamente specificati dal d.P.R. n. 616 del 1977, sono in realta' la logica conseguenza delle attribuzioni regionali garantite dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, che risultano dunque direttamente violati dalla normativa censurata. Cio' che l'impugnato decreto legislativo ha fatto e' chiaro. Mentre il d.lgs. n. 367 del 1996 limitava la propria applicazione (e quindi la trasformazione) ai soli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale, il d.lgs. n. 134 del 1998 pretende di applicarsi a tutti gli enti musicali, quale che sia la dimensione territoriale nella quale essi operano, e determinando cosi' l'integrale statalizzazione del settore musicale. Il decreto legislativo impugnato, invero, sopprime espressamente il riferimento agli enti di prioritario interesse nazionale (cfr. art. 6, comma 1, lett. a)), ed amplia cosi' a dismisura i poteri dello Stato in materia. La cosa paradossale (e ulteriormente, clamorosamente illegittima), poi, e' che il censurato decreto legislativo affida - come si e' visto - l'individuazione degli enti da trasformare all'arbitraria determinazione dell'Autorita' (statale), ancorche' gli enti interessati siano anche quelli di mero interesse locale o regionale. Mentre il d.lgs. n. 367 del 1996 imponeva l'intesa con le regioni (e la consultazione degli stessi enti locali) al fine della determinazione degli enti di rilevanza nazionale, il d.lgs. n. 134 del 1998 elimina qualunque forma di intesa (e di consultazione) proprio nel momento in cui amplia il raggio della trasformazione sino a comprendere tutti gli enti, quel che ne sia il rilievo sul piano territoriale? La violazione del principio di ragionevolezza (sotto il profilo della coerenza interna delle scelte normative) e' dunque evidente. Ancor piu' evidente e clamorosa e' la violazione del principio di leale cooperazione fra lo Stato e le regioni, che codesta ecc.ma Corte ha desunto dalle previsioni costituzionali di garanzia delle attribuzioni regionali. Costante giurisprudenza (che non v'e' neppure bisogno, qui, di riportare), invero, impone che lo Stato e la regione si adeguino al modello delle reciproche intese, al fine di contemperare la garanzia delle rispettive attribuzioni e quella del piu' efficace svolgimento dell'azione amministrativa. I principi di cui agli artt. 5, 97, 117 e 118 della Costituzione, invece, sono stati letteralmente sovvertiti dal decreto legislativo impugnato. 2. - Violazione degli artt. 3, 5, 76, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento alla legge 15 marzo 1997, n. 59. Il d.lgs. n. 134 del 1998 assume d'essere stato adottato in attuazione della delega di cui agli artt. 11 e 14 della legge n. 59 del 1997. Esso, pero', non rispetta i principi che tale legge di delegazione ha imposto al legislatore delegato. Si deve invero considerare che i principi e criteri direttivi che il legislatore delegato e' tenuto a rispettare si desumono - per costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte - dalla legge di delegazione nel suo complesso, e non solo dalle disposizioni ch'essa specificamente dedica allo scopo. Se, dunque, negli artt. 11 e 14 della legge n. 59 del 1997 non si menziona l'esigenza che, in sede di legislazione delegata, venga rispettato il prinicipio dell'intesa fra lo Stato e le regioni, cio' non vuol dire che tale principio non sia, comunque, fissato dalla legge di delegazione. Ebbene, il principio di cooperazione fra lo Stato e le regioni (e gli enti locali), che la legge n. 59 del 1997 fissa espressamente in ordine al "conferimento" di funzioni a regioni ed enti locali (art. 4, comma 3, lett. d)), e' con piena evidenza un principio informatore di tutta la legge n. 59 del 1997, e non puo' essere pretermesso, a pena di snaturarne l'intero impianto (che ruota attorno alla valorizzazione dei livelli di governo sub-statali e alla collaborazione fra questi ed il livello di governo statale). Di qui, la violazione dell'art. 76 Cost., in una - pero' - con gli artt. 5, 117 e 118, atteso che la violazione dei principi della delegazione si risolve in immediato pregiudizio per le attribuzioni regionali costituzionalmente garantite. Di qui, peraltro, anche la violazione dell'art. 3 Cost., sotto il profilo dell'illogicita' ed incoerenza delle scelte normative, poiche' la scelta di valorizzare i livelli sub-statali di governo, compiuta con la legge n. 59 del 1997 (e poi confermata dalla legge 15 maggio 1997, n. 127) viene clamorosamente contraddetta dal decreto legislativo impugnato. Anche qui, la violazione dell'art. 3 Cost. si risolve in violazione degli artt. 5, 117 e 118, atteso che l'inosservanza del principio di ragionevolezza determina un immediato pregiudizio per le attribuzioni regionali costituzionalmente garantite. 3. - Violazione degli artt. 2, 3, 5, 18, 117 e 118 della Costituzione. Come e' stato limpidamente affermato dalla sent. n. 50 del 1998, la Costituzione (in particolare agli artt. 2 e 18) garantisce e protegge la "liberta' sociale dei cittadini", impedendo ai pubblici poteri di assoggettare tutte le forme di manifestazione della personalita' umana ad invasive forme di autorizzazione o controllo. Consentendo all'autorita' di attrarre, a suo arbitrario giudizio, nell'orbita del d.lgs. n. 367 del 1996 qualunque ente che operi in campo musicale, il d.lgs. n. 134 del 1998 viola detta liberta' sociale, imponendo una fitta rete di controlli anche a soggetti che svolgono attivita' di modesta rilevanza pubblicistica. Tale scelta, inoltre, e' palesemente violativa dell'art. 3 Cost. (stavolta sotto il profilo della razionalita' delle scelte del legislatore), in quanto nessuna finalita' socialmente rilevante puo' giustificare l'irruzione dei pubblici controlli nella sfera della "liberta' sociale". Anche qui, tali violazioni ridondano in violazione delle norme costituzionali che garantiscono le attribuzioni regionali, in quanto l'assoggettamento ai penetranti poteri statali sottrae gli enti ai (ben minori e assai piu' rispettosi dell'autonomia dei singoli e delle formazioni sociali) poteri regionali, di cui al cit. d.P.R. n. 611 del 1977.